domenica 22 febbraio 2015

Scuola: se passa la riforma, l’Apocalisse





L’ennesima riforma, calata dall’alto sulla scuola e realizzata da uomini e donne che non hanno mai vissuto in una scuola, è una pericolosissima manovra, che per tentare di raschiare altri soldi al comparto, distruggerà quel poco che resta di una scuola già allo stremo.




Sotto accusa, questa volta, “La Buona Scuola” di Renzi, il documento programmatico di riforma, che non fa che bocciare definitivamente la scuola italiana.
L’incontro a Torre del Greco, durante il quale ho presentato il mio libro “La Scuola Bocciata”, lunedì 16 febbraio scorso, alla presenza di moltissimi docenti, genitori e lettori, è stata l’occasione per riflettere sull’ennesima riforma, proposta dall’ennesimo governo, e sul suo diabolico disegno, sponsorizzato da una volontà occulta le cui priorità sono definite dal mondo economico in termini puramente funzionali ai processi produttivi.

 “L’Italia cambierà solo se noi metteremo al centro la scuola. Noi possiamo mettere al centro la scuola solo se lo facciamo assieme agli studenti, ai professori, ai dirigenti scolastici, alle famiglie, al personale tecnico. Il Parlamento può cambiare una legge. La scuola può cambiare un Paese. Noi siamo pronti a fare la nostra parte, cambiando tutte le leggi che vanno cambiate”.
Queste le parole pirotecniche pronunciate dal premier nel messaggio di presentazione del documento “La Buona Scuola”, il documento programmatico del Governo per la scuola del futuro, pubblicato dal MIUR in data 3 settembre 2014, che dopo una fantomatica e contestatissima consultazione pubblica, avviata dal governo il 15 settembre scorso e conclusa due mesi dopo, sembra stia per essere trasformato in legge dal governo.


Si tratta dell’ennesima riforma, come al solito calata dall’alto, buttata sulla scuola da uomini e donne che non hanno mai vissuto in una scuola, dopo un’operazione chiamata “consultazione”, che di fatto è stata contestata da ogni collegio docenti italiano, per i tempi, i modi e la finzione mediatica di cui, alla fine, tutta questa operazione si è ammantata, solo per tentare di legittimare sé stessa.
E non c’era bisogno dell’inchiesta di “Presa Diretta di Riccardo Iacona, trasmessa domenica 8 febbraio scorso su Rai3 sul progetto di Riforma del governo Renzi “La Buona Scuola” per comprendere l’orrore di quanto sta per accadere, anche in prospettiva dell’imminente traduzione legislativa degli elementi contenuti nel libercolo ministeriale.
Non che sia il peggiore progetto di riforma degli ultimi decenni. C’è stato sicuramente di peggio. Ma il problema è che non credo che il documento “La Buona Scuola” possa essere assolutamente considerato come un “progetto di riforma”.
In prima istanza perché si tratta semplicemente di una manovra, l’ennesima, per “razionalizzare” ulteriormente la spesa del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Scientifica, e che serve per raschiare altri soldi ad una scuola che è da tempo allo stremo, e che ormai già da tempo vive nella periferia del mondo conosciuto.
 
Il manifesto de "La Buona Scuola" del PD con un errore grammaticale: "Un'anno di governo"
Prendiamo, ad esempio, l’ennesimo tentativo di introdurre, ad capocchiam, la meritocrazia nella scuola. La maldestra proposta di introdurre la progressione di carriera, la stessa proposta che, dopo la firma del contratto integrativo dell’agosto del 1999 e la pubblicazione, da parte del ministero, delle norme che regolavano l’applicazione dell’art. 29 (il famoso concorsone o concorsaccio), scatenò una protesta di dimensioni bibliche da parte dei prof., che costrinse tutti al dietro front, oggi sembra che dai docenti venga vissuta con più rassegnazione.
In prima istanza ci troviamo di fronte ad una nuova dinamica, un nuovo modo di agire della politica, che ha, di fatto, sottratto questa disciplina alla contrattazione sindacale, pur nella consapevolezza che i sindacati, ormai, sono da tempo supini alla controparte, e quando fanno sentire il proprio peso, lo fanno solo per ottenere ulteriori benefit e privilegi (distacchi, incarichi, posti di dirigenza negli uffici chiave).

Quello della “Buona Scuola” di Renzi, tuttavia, si profila come un progetto epocale, che dissalderà, totalmente o parzialmente, la progressione di carriera dal vincolo dell’anzianità di servizio, e che la fonderà sull’attribuzione di crediti, che determinano ogni tre anni fantomatici “scatti di competenza”. 
Sono almeno 15 anni che si parla di introdurre il concetto di merito nelle scuole, con iniziative non molto diverse rispetto a quella prospettata dall’attuale Governo. Concretamente, però, non si è mai giunti a nulla, soprattutto perché sembra abbastanza difficile stabilire dei criteri meritocratici in merito alla capacità di formare l’uomo.
La questione è: chi valuta? Come valuta? Cosa valuta?


Al capitolo due del documento del ministero, infatti, si parla di riconoscimento di crediti “formativi e “professionali”. E chi li attribuirebbe? Il dirigente? E in merito a quali criteri? Forse favorendo chi si dà da fare a livello organizzativo, tralasciando l’impegno e svilendo l’entusiasmo necessario per rendere efficace il percorso di insegnamento-apprendimento? Sembra proprio così, perché il documento si prodiga per l’introduzione di una nuova figura: quella del docente organizzatore. Un altro pazzo stressato che girerebbe per l’edificio scolastico sconvolto dalla schizofrenia di organizzare non so cosa, trascurando i ragazzi in aula e senza l’ombra di un euro, perché anche questa figura – ovviamente - per la riforma di Renzi sarebbe a costo zero.

Nel frattempo si è già realizzato il dimezzamento dei fondi destinati al miglioramento dell’offerta formativa, destinati al funzionamento degli istituti scolastici, che ha, di fatto, distrutto ogni progetto di autonomia scolastica, come previsto dalla legge emanata nell’anno 2000.
E come avverrebbe, in soldoni, il riconoscimento di questo merito ai docenti? Semplicemente abolendo gli scatti automatici di anzianità, e sostituendoli con gli “scatti di competenza”. Questi scatti riguarderebbero, ogni tre anni, il 66% dei docenti di ciascuna scuola, ovviamente escludendo il restante 34%.
Ora io mi chiedo: mettiamoci un po’ nei panni di quei docenti appartenenti a quel 34%, che per il solito sistema italiano di raccomandazioni e segnalazioni non abbia santi in paradiso e non abbia, pertanto, nessuna speranza di percepire l’aumento sullo stipendio: cosa produrrebbe questo terzo di insegnanti in ogni istituto scolastico?
Ma ci rendiamo conto del dramma che si verrebbe a consumare nelle scuole italiane già flagellate dalla paranoia?
Non scatenerà, tutto ciò, nuove e perverse dinamiche di competitività, laddove la capacità di lavorare in modo cooperativo si rivela strategia vincente per la crescita umana, culturale e sociale degli allievi?
Perché si vuole importare nella scuola quella gretta dinamica capitalistica fondata sugli pseudo-valori della competizione, proprio dove si dovrebbe lavorare per formare un uomo e un cittadino che fonda la sua umanità sulla solidarietà e sulla cooperazione?
Si tratta, per caso, di nuovo modello educativo a cui si vuol dare piena cittadinanza nella scuola, passando da un approccio qualitativo, che punta a formare un uomo ed un cittadino nella sua integralità, capacità critica compresa, conditio sine qua non per la sopravvivenza della democrazia, ad un modello educativo le cui priorità sono definite dal mondo economico in termini puramente funzionali ai processi produttivi?


Infine, il gretto disegno governativo, getta via la maschera quando, armati di calcolatrice, si tenta di fare qualche calcolo per capire con questa riforma cosa si riuscirebbe a risparmiare: il passaggio dagli scatti di anzianità agli scatti di competenza sarà preceduto da tre anni di vuoto. Ciò vuol dire che per tre anni, dal 1 settembre 2015 al 31 dicembre 2018 il sistema degli scatti verrà congelato per tutti, ad eccezione di coloro che si trovano al 33° anno di servizio.
Che risparmio megagalattico!

Di una cosa siamo certi: questa riforma, ad una scuola già in ginocchio, non serve. Le toglierebbe ogni speranza. Taglierebbe definitivamente le gambe alla nostra civiltà, perché se la scuola è lo strumento eminente del progresso civile, una scuola bocciata diventa un grave pericolo soprattutto per la civiltà che la porta in grembo.
Il nostro presidente deve mettersi in testa che con la scuola non si scherza, perché la società che custodirà nel suo seno una scuola bocciata sarà una civiltà in declino, destinata inesorabilmente all’estinzione, perché porterà la morte nel cuore.



2 commenti:

  1. Un orrore senza fine che finirà per ricadere pesantemente anche sugli alunni, non ci possiamo rassegnare né adagiare , stare col fiato sul collo ai sindacati e se è il caso minacciare cancellazioni di massa. È l'ora della sveglia!

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  2. non sono mai stata contro la valutazione, ma perchè diventi uno strumento serio ci vuole un investimento in denaro e formazione per istituire degli organi preposti che girino per le scuole, si fermino ad analizzare l'operato delle persone, mettendolo in relazione con il contesto in cui esse lavorano, perchè per giudicare un docente le variabili da considerare sono tante e non sempre i risultati sono valutabili nel breve termine, o con i risultati delle prove invalsi. invece si prospetta la situazione in cui la valutazione diventerà "autovalutazione di istituto" a costo zero. di questo provvediemento la scuola può fare sicuramente a meno!!

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