L’ennesima riforma, calata dall’alto sulla scuola e realizzata da uomini e donne che non hanno mai vissuto in una scuola, è una pericolosissima manovra, che per tentare di raschiare altri soldi al comparto, distruggerà quel poco che resta di una scuola già allo stremo.
Sotto accusa, questa volta, “La Buona Scuola” di
Renzi, il documento programmatico di riforma, che non fa che bocciare
definitivamente la scuola italiana.
L’incontro a Torre del Greco, durante il quale ho
presentato il mio libro “La Scuola Bocciata”, lunedì 16 febbraio scorso, alla
presenza di moltissimi docenti, genitori e lettori, è stata l’occasione per riflettere sull’ennesima riforma,
proposta dall’ennesimo governo, e sul
suo diabolico disegno, sponsorizzato da una volontà occulta le cui priorità
sono definite dal mondo economico in termini puramente funzionali ai processi
produttivi.
“L’Italia
cambierà solo se noi metteremo al centro la scuola. Noi possiamo mettere al
centro la scuola solo se lo facciamo assieme agli studenti, ai professori, ai
dirigenti scolastici, alle famiglie, al personale tecnico. Il Parlamento può
cambiare una legge. La scuola può cambiare un Paese. Noi siamo pronti a fare la
nostra parte, cambiando tutte le leggi che vanno cambiate”.
Queste le parole pirotecniche pronunciate dal
premier nel messaggio di presentazione del documento
“La Buona Scuola”, il documento
programmatico del Governo per la scuola del futuro, pubblicato dal MIUR in
data 3 settembre 2014, che dopo una fantomatica
e contestatissima consultazione pubblica, avviata dal governo il 15
settembre scorso e conclusa due mesi dopo, sembra stia per essere trasformato
in legge dal governo.
Si tratta dell’ennesima
riforma, come al solito calata dall’alto, buttata sulla scuola da uomini e
donne che non hanno mai vissuto in una scuola, dopo un’operazione chiamata
“consultazione”, che di fatto è stata contestata da ogni collegio docenti
italiano, per i tempi, i modi e la finzione mediatica di cui, alla fine, tutta
questa operazione si è ammantata, solo per tentare di legittimare sé stessa.
E non c’era
bisogno dell’inchiesta di “Presa Diretta” di Riccardo Iacona, trasmessa domenica 8
febbraio scorso su Rai3 sul progetto di Riforma del governo Renzi “La Buona
Scuola” per comprendere l’orrore di quanto sta per accadere, anche in
prospettiva dell’imminente traduzione legislativa degli elementi contenuti nel
libercolo ministeriale.
Non che sia il peggiore progetto di riforma degli
ultimi decenni. C’è stato sicuramente di peggio. Ma il problema è che non credo
che il documento “La Buona Scuola” possa essere assolutamente considerato come
un “progetto di riforma”.
In prima istanza perché si tratta semplicemente di una manovra, l’ennesima, per
“razionalizzare” ulteriormente la spesa del Ministero dell’Istruzione,
dell’Università e della Ricerca Scientifica, e che serve per raschiare altri soldi ad una scuola che è da tempo allo
stremo, e che ormai già da tempo vive nella periferia del mondo conosciuto.
Prendiamo, ad esempio, l’ennesimo tentativo di introdurre, ad capocchiam, la meritocrazia nella scuola. La maldestra
proposta di introdurre la progressione di carriera, la stessa proposta che,
dopo la firma del contratto integrativo dell’agosto del 1999 e la
pubblicazione, da parte del ministero, delle norme che regolavano
l’applicazione dell’art. 29 (il famoso concorsone
o concorsaccio), scatenò una protesta
di dimensioni bibliche da parte dei prof., che costrinse tutti al dietro front, oggi sembra che dai
docenti venga vissuta con più rassegnazione.
In prima istanza ci troviamo di fronte ad una nuova
dinamica, un nuovo modo di agire della politica, che ha, di fatto, sottratto
questa disciplina alla contrattazione sindacale, pur nella consapevolezza che i
sindacati, ormai, sono da tempo supini alla controparte, e quando fanno sentire
il proprio peso, lo fanno solo per ottenere ulteriori benefit e privilegi
(distacchi, incarichi, posti di dirigenza negli uffici chiave).
Quello della “Buona Scuola” di Renzi, tuttavia, si
profila come un progetto epocale, che dissalderà, totalmente o parzialmente, la
progressione di carriera dal vincolo dell’anzianità di servizio, e che la
fonderà sull’attribuzione di crediti, che determinano ogni tre anni fantomatici
“scatti di competenza”.
Sono almeno 15 anni che si parla di introdurre il
concetto di merito nelle scuole, con iniziative non molto diverse rispetto a
quella prospettata dall’attuale Governo. Concretamente, però, non si è mai
giunti a nulla, soprattutto perché sembra abbastanza difficile stabilire dei
criteri meritocratici in merito alla capacità di formare l’uomo.
La questione è: chi valuta? Come valuta? Cosa valuta?
Al capitolo due del documento del ministero,
infatti, si parla di riconoscimento di crediti
“formativi e “professionali”. E chi li attribuirebbe? Il dirigente? E in
merito a quali criteri? Forse favorendo chi si dà da fare a livello
organizzativo, tralasciando l’impegno e svilendo l’entusiasmo necessario per
rendere efficace il percorso di insegnamento-apprendimento? Sembra proprio
così, perché il documento si prodiga per l’introduzione
di una nuova figura: quella del docente
organizzatore. Un altro pazzo stressato che girerebbe per l’edificio
scolastico sconvolto dalla schizofrenia di organizzare non so cosa, trascurando
i ragazzi in aula e senza l’ombra di un euro, perché anche questa figura –
ovviamente - per la riforma di Renzi sarebbe a costo zero.
Nel frattempo si è già realizzato il dimezzamento
dei fondi destinati al miglioramento dell’offerta formativa, destinati al
funzionamento degli istituti scolastici, che ha, di fatto, distrutto ogni
progetto di autonomia scolastica, come previsto dalla legge emanata nell’anno
2000.
E come avverrebbe, in soldoni, il riconoscimento di
questo merito ai docenti? Semplicemente abolendo
gli scatti automatici di anzianità, e sostituendoli con gli “scatti di
competenza”. Questi scatti riguarderebbero,
ogni tre anni, il 66% dei docenti di
ciascuna scuola, ovviamente escludendo il restante 34%.
Ora io mi chiedo: mettiamoci un po’ nei panni di
quei docenti appartenenti a quel 34%, che per il solito sistema italiano di
raccomandazioni e segnalazioni non abbia santi in paradiso e non abbia,
pertanto, nessuna speranza di percepire l’aumento sullo stipendio: cosa
produrrebbe questo terzo di insegnanti in ogni istituto scolastico?
Ma ci rendiamo conto del dramma che si verrebbe a
consumare nelle scuole italiane già flagellate dalla paranoia?
Non scatenerà, tutto ciò, nuove e perverse dinamiche di competitività, laddove la capacità di
lavorare in modo cooperativo si rivela strategia vincente per la crescita umana,
culturale e sociale degli allievi?
Perché si vuole importare nella scuola quella
gretta dinamica capitalistica fondata sugli pseudo-valori della competizione,
proprio dove si dovrebbe lavorare per formare un uomo e un cittadino che fonda
la sua umanità sulla solidarietà e sulla cooperazione?
Si tratta, per caso, di
nuovo modello educativo a cui si vuol dare piena cittadinanza nella scuola,
passando da un approccio qualitativo, che punta a formare un
uomo ed un cittadino nella sua integralità, capacità critica compresa, conditio sine qua non per la
sopravvivenza della democrazia, ad un modello
educativo le cui priorità sono definite dal mondo economico in termini
puramente funzionali ai processi produttivi?
Infine, il gretto disegno governativo, getta via la
maschera quando, armati di calcolatrice, si tenta di fare qualche calcolo per
capire con questa riforma cosa si riuscirebbe a risparmiare: il passaggio dagli scatti di anzianità agli
scatti di competenza sarà preceduto da tre anni di vuoto. Ciò vuol dire che
per tre anni, dal 1 settembre 2015
al 31 dicembre 2018 il sistema degli
scatti verrà congelato per tutti, ad eccezione di coloro che si trovano al
33° anno di servizio.
Che risparmio
megagalattico!
Di una cosa siamo certi: questa riforma, ad una
scuola già in ginocchio, non serve. Le toglierebbe ogni speranza. Taglierebbe
definitivamente le gambe alla nostra civiltà, perché se la scuola è lo strumento
eminente del progresso civile, una scuola bocciata diventa un grave pericolo
soprattutto per la civiltà che la porta in grembo.
Il nostro presidente deve mettersi in testa che con la scuola non si scherza, perché la
società che custodirà nel suo seno una scuola bocciata sarà una civiltà in
declino, destinata inesorabilmente all’estinzione, perché porterà la morte nel
cuore.