Alle librerie Feltrinelli di Rimini: un momento dell'incontro con l'autore de "La Scuola Bocciata". |
di Tommaso
Travaglino
La scuola è un argomento che
scotta, e può diventare la Waterloo di ogni governo che si accinga a
riformarla. Se poi tutto ciò si accompagna alla caparbietà di un governo che si ostina a non ascoltare chi
la scuola la vive quotidianamente, e che in questi ultimi giorni sta
protestando come raramente è avvenuto nella scuola, tutto ciò può diventare una
bomba a orologeria.
L'ingresso della Feltrinelli di Rimini, dove pochi giorni fa si è tenuta l'ennesima presentazione del libro: "La Scuola Bocciata". |
Flash
mob,
fiaccolate, proteste e manifestazioni si stanno intensificando in maniera
impressionante; la rete scoppia di post, blog, progetti di proteste e vignette
in cui il rapporto tra Renzi e la scuola fa da protagonista. I passaparola su
whatsapp, facebook e twitter non si contano. Questo
governo è stato capace di compiere un vero miracolo: ha pestato la coda a un
leone che dormiva da anni di un sonno profondo.
I
sindacati, dal canto loro, per non perdere consensi di fronte
a un fermento inarrestabile, partito naturalmente dalla base, sono stati costretti a cavalcare la
protesta.
La storia si ripete. Sono passati solo
quindici anni dal “concorsone”, e il
copione sembra lo stesso.
Il moderatore Orlando Tarallo legge un passo del saggio sulla scuola presso le librerie Feltrinelli di Rimini. |
“Era l’anno 2000 e la scuola italiana
era in tumulto. Dopo la firma del contratto
integrativo dell’agosto 1999 e la pubblicazione, da parte del Ministero,
delle norme che regolavano l’applicazione dell’art. 29, tutti gli insegnanti
insorsero contro il tentativo di introdurre un concorso interno alla scuola
italiana, che avviasse un sistema
meritocratico tra i docenti. Le assemblee sindacali, così, divennero delle
feroci battaglie, dove ogni insegnante esprimeva la rabbia di un disagio che
covava dentro da anni, e si scagliava con tutta la sua violenza verbale contro
il primo sindacalista che gli capitava a tiro. I sindacati, dal canto loro, con un miserabile doppio gioco, al tavolo delle trattative facevano una
cosa e nelle assemblee ne raccontavano un'altra, e poi cercavano di cavalcare
la protesta per fare iscrizioni. Così ognuno di essi raccontava la sua
verità, ma ciò che si ripeteva come il ritornello di una canzone, era che le
iscrizioni al sindacato risultavano indispensabili “per la rappresentatività”,
perché il sindacato, quel sindacato, assumesse un peso maggiore sul
tavolo contrattuale e potesse cambiare le cose. Credo che oltre a questo, però,
l’ansia dei segretari provinciali e regionali di fare nuove iscrizioni fosse
dovuta soprattutto alla cospicua quota economica che l’insegnante, una volta
iscritto, avrebbe versato mensilmente, detratta direttamente dalla busta paga”
[La Scuola Bocciata, pagg. 57-58]
Ancora una volta sembra che i
sindacati solo in questi ultimi giorni si siano accorti del dramma che si sta
consumando nella scuola, della rabbia di
un disagio che ogni insegnante italiano cova dentro da anni, del personale
scolastico che va a scuola vestito a lutto, delle candele che illuminano,
silenziose, le piazze italiane e di un malessere antico, che finalmente si sta
rivelando in tutta la sua gravità.
Scioperi, astensioni dalle attività
aggiuntive, manifestazioni, tendopoli, giornate di lutto nelle scuole con
personale in nero e nastrino turchese, presìdi davanti alle sedi provinciali
del PD di tutta Italia e tanto, tanto
altro.
E una
domanda, che continua a frullare nel mio cervello, allagando il mio cuore di
rabbia: ma i sindacati dov’erano? Perché non hanno allertato la
categoria da quando questa storia è incominciata? Perché continua a
ossessionarmi l’impressione che fino a qualche giorno fa tutti erano
sostanzialmente d’accordo con l’impianto di questa mostruosa riforma?
Dov’erano
i sindacati quando si è svolta la farsa della pseudo-consultazione?
Dov’erano
quando, sin dall’inizio dell’iter del disegno di legge si è voluto,
camorristicamente, legare l'assunzione
stabile dei docenti precari (anche se il numero programmato è
del tutto insufficiente) al disegno
di riforma, perché
quest’ultimo venisse approvato con una certa urgenza? (Capo 3 art. 8 - piano straordinario
di assunzioni).
La furbata dell’uso del “cavallo di Troia” delle assunzioni, provvedimento
urgentissimo e sul quale tutti non possono non essere d’accordo, nessuno dei
sindacati che tutelano la scuola l’ha scoperto? Nessuno ha protestato?
E perché nessuno ha alzato la voce
perché si spacchettasse il provvedimento?
Che c’entrano i precari, immolati vigliaccamente sull’altare
di questa riforma a mo’ di vittima sacrificale del “se non approviamo tutta la riforma i precari non entrano,
perché legati in un abbraccio di morte con il resto del provvedimento”?
Intanto il 5 maggio
prossimo ci sarà, finalmente, il primo sciopero generale per la Scuola dal
2008, il primo da quando il Ministro dell’Istruzione era Mariastella Gelmini.
E già l’Istituto
Nazionale di Valutazione, con un atto di legittimità dubbia, ha spostato le “prove Invalsi” previste per
la primaria dal 5-6 maggio al 6-7 maggio, per evitare la debacle di un’altra “strana cosa”
introdotta nella scuola della penisola, che ha già prodotto un clima di
competizione tra classi e docenti e che ha sortito l’effetto che ogni docente
di classe, per far bella figura, suggerisce ai “suoi” alunni le risposte,
invalidando, di fatto, quest’altra grande farsa pensata dalle teste d’uovo
dell’istruzione italiana, che in una scuola non hanno mai vissuto, se non,
forse, da studenti.
E nessuno dei sindacati
che tutela la scuola si è accorto del “progetto
0-6”
e della sua intrinseca perniciosità?
Nessuno si è accorto che la riforma
prevede che il nido, insieme alla Scuola dell’Infanzia, non sia più un servizio
a domanda individuale, di carattere sociale, ma un servizio generale, di
carattere educativo, incardinato sotto la responsabilità unica del Ministero
dell’Istruzione, ma gestito dai Comuni? (Cfr. Capo 7, art 21, comma “i” del d.d.l.).
Il ministro dell'Istruzione Stafania Giannini |
E a nessuno è venuto in mente che i
Comuni ordinariamente appaltano i servizi ai privati? Non si tratta di una chiara
sterzata verso la privatizzazione della
scuola pubblica, incominciando da quella dell’Infanzia?
A nessuno è venuto in mente che forse
il motivo di tutto questo è che in
Italia il livello di privatizzazioni non è in linea con le attese della Ue e
che il governo è impegnato in una lotta serrata per la riduzione del
debito per il quadriennio 2015-2018, e che è previsto, per questo motivo, un
«significativo concorso» dei proventi da privatizzazioni?
Bontà della strategia a parte,
peraltro imposta dall’Unione, a nessuno è mai sorto il sospetto che Renzi sia
un attore marginale di un potere politico di fatto espropriato di ogni potere,
e che la sterzata verso una dinamica privatistica che si nasconde tra le righe dei
commi di questa Legge Quadro, che genererà inevitabilmente tanti figli della
sua stessa sostanza, è la strategia pensata a tavolino da chi vuole
delegittimare la scuola pubblica perché c’è un preciso modello di uomo da
formare?
La proiezione del booktrailer del libro presso la Feltrinelli di Rimini. |
E che significa, cari sindacati,
dopo la proclamazione dello sciopero, la battuta del premier: “Scriverò una lettera ai docenti per
spiegare la mia riforma”?
Che intendeva dire? Che i docenti italiani non sanno leggere?
Che ci sarebbe stato bisogno di una lettera che spiegasse meglio la cosa a una
categoria di idioti con difficoltà di comprensione?
Perché, anche in questo caso,
nessuno è insorto? Nessuno di quelli che hanno la “rappresentatività” e che
prendono, mensilmente, da ogni stipendio di ogni lavoratore della scuola
iscritto una quota talmente cospicua che equivale ad un buon piatto di carne
per i nostri figli?
Ma che ne fate dei nostri soldi?
Cosa pagate? Chi pagate? Persone che sono in distacco presso di voi? Eppure loro
non hanno bisogno dei vostri soldi, perché continuano a essere regolarmente
pagati dal Ministero del Tesoro, compresi gli incaricati che vanno a coprire i
loro posti.
Intanto il d.d.l. “La Buona scuola” ha terminato l’esame della settima commissione della Camera – quella per Cultura, Scienza ed Istruzione –
ed è ora, in via di approvazione alla
Camera dei Deputati.
E per lo sciopero
passeranno ancora ore preziose. Ma è meglio tardi che mai.
E poi? Dopo lo
sciopero? La vostra coscienza e la coscienza dei docenti italiani che si
vedranno decurtati dallo stipendio 80, 90, 100, 110 euro (dipende dallo
stipendio) resterà appagata?
Nessuno si incatenerà
davanti al Ministero? Nessuno incomincerà uno sciopero della fame a oltranza?
Nessuno, indipendentemente dai risultati, continuerà la lotta per una scuola
che rivesta, finalmente, centralità sociale, politica?
Nessuno si è reso conto
della posta in gioco? Nessuno si è reso conto che stiamo giocando con il futuro
dei nostri figli, con il futuro del nostro paese?
Passata la bufera,
anche voi, cari sindacati, ritornerete alla gestione ordinaria delle vostre
gigantesche macchine mangiasoldi?
Alessandro Paolella alla chitarra e Davide Maiello al violino, durante una loro esibizione presso la Feltrinelli di Rimini qualche giorno fa. |
Ma diciamocelo
sinceramente: vi siete accorti, cari sindacati, del serio pericolo di ciò che
sta per essere trasformato in legge? Non voglio assolutamente pensare che, pur
essendovene accorti, utilizzate e continuiate a utilizzare il vostro peso
contrattuale e sociale in altri modi e per altre finalità!
Vi siete accorti che la
riforma, nell’attribuire al dirigente
scolastico [Capo 3 art. 7 - competenze del dirigente scolastico] “le scelte didattiche e formative e la valorizzazione
delle risorse umane e del merito dei docenti”, viola, di fatto,
il principio della libertà di
insegnamento?
Una libertà già svilita da una
marginalità di una scuola sempre più umiliata, popolata da docenti che vivono, praticamente, in uno stato di bisogno, e che in tal modo non
godono della serenità necessaria per favorire la formazione, per i nostri
alunni, di una sana coscienza critica, indispensabile alla vita e, oggi più che
mai, “conditio sine qua non” della lotta
per i diritti civili e politici?
Il violinista Davide Maiello e il chitarrista Alessandro Paolella durante la "Jam session" presso la Baita Stratos a Bologna, durante la presentazione de "La Scuola Bocciata" qualche giorno fa. |
La scuola è risorsa strategica
della società, punto. Non la Fiat, né la sanità, perché tutti i casi di
malasanità sono frutto di una scuola che non ha formato l’uomo. Questo vale
anche per la politica, con tutti i suoi numerosissimi, quotidiani casi di scandali,
di corruzione, di concussione e chi più ne ha, più ne metta.
Il concetto lo ha ultimamente espresso
Ferdinando Imposimato, affermando che in questo stato di cose i “nuovi poveri”,
i docenti italiani sottopagati, sono maestri
di una libertà senza eguaglianza, e una libertà senza eguaglianza non esiste, è
una falsa libertà. Il docente che non ha un lavoro stabile e una
retribuzione dignitosa non è, quindi, libero, perché si tratta di uomini e donne liberi solo in apparenza; e
chi non è davvero libero, non può insegnare la libertà.
Eppure Francesco
Scrima, segretario nazionale della Cisl Scuola, afferma che “destinare
al merito risorse aggiuntive è una soluzione che va nella direzione giusta
… Ciò che non va assolutamente bene è l’assenza di ogni procedura di
contrattazione, che sono d’obbligo quando si tratta di gestire l’attribuzione
di salario accessorio: non è infatti possibile e tanto meno accettabile
l’affidamento alla mera discrezionalità del dirigente di procedure premiali”.
Il merito tra i docenti
è una soluzione che va nella direzione giusta? Ho capito bene, segretario
Scrima? Va nella direzione giusta
che “Il
dirigente scolastico, sentito il consiglio d’istituto, assegni annualmente la somma al personale docente
che, in base all’attività
didattica, ai risultati ottenuti in termini di qualità dell’insegnamento, al rendimento scolastico degli alunni e
degli studenti, alla progettualità nella metodologia didattica utilizzata, alla capacità innovativa e al contributo
dato al miglioramento complessivo
della scuola, è ritenuto meritevole del bonus”? [Capo 3, art. 11, comma 2].
Ma chi,
il dirigente scolastico? Mi dispiace solo che in un articolo non possa
disegnare quella faccina che piange a crepapelle con le lacrimucce ai lati
degli occhietti, ma vi assicuro che sto ridendo a crepapelle.
Ma il
dirigente non sarebbe dovuto essere un manager, all’insegna dell’efficienza e
dell’efficacia dell’azienda che gestisce? Quali strumenti e quali competenze
psico-pedagogiche, ormai, possiede?
Ah!
Forse dimenticavo, segretario Scrima. Forse lei crede nella velocità
dell’evoluzione tecnologica a tal punto che spera che venga al più presto commercializzato
il “meritometro”, che applicato alla
bocca a ogni docente misurerà la quantità degli enzimi meritocratici, come
per i Midi-Chlorian presenti nel sangue
degli Jedi di Star Wars, così da poter giustificare il bonus annuale? Lo
ripeto, mi faccia capire: il dirigente assegna un bonus ai docenti più bravi?
Allora forse potremmo utilizzare come parametro quello degli alunni che
prenderanno i voti più alti? Quindi per prendere il bonus, i miei alunni
dovranno avere tutti dieci? Ma le assicuro che in tal senso non ci sarebbe
nessun problema, perché ogni docente che aspira al bonus diventerebbe il
docente di una classe di superdotati!
Ma non è
che, forse, il segretario nazionale del sindacato più grande della scuola avrà
confuso comparto, immaginando la scuola come una catena di montaggio, o come
un’azienda che produce batterie per auto, con tutto il rispetto per le catene
di montaggio e le fabbriche di batterie per auto, dove si possa contare il
numero di pezzi prodotti da ogni “operaio – docente” così da premiare il più
produttivo?
Mi
spieghi: in che modo il dirigente valuterà la qualità dell’insegnamento? Con
quali strumenti? E chi ha mai eletto il dirigente a giudice della qualità del
mio insegnamento? Non le sembra che tutto questo sia quantomeno
anti-costituzionale, oltre che assurdo?
Ma perché invece di
pensare al merito, segretario
Scrima, a quei quattro pidocchi offerti come surplus annuale, non incominciate seriamente a battervi per
gli stipendi da fame della categoria? Perché, prima di pensare al caffè,
non vi occupate del pane e del companatico, poiché la questione vera non è
quella di chi deve bere il caffè e come scegliere chi deve berlo, ma quella di dare
il pane necessario per vivere dignitosamente a tutti, retribuendo gli
insegnanti con uno stipendio degno di un comparto che nella pubblica
amministrazione è strategico?
E non si è
reso conto, segretario Scrima, del rischio che comporta l’implementazione nella
scuola delle dinamiche meritocratiche, e quindi competitive, laddove gli elementi teorici che dimostrano la superiorità dei
modelli cooperativi sono, specialmente nel campo della formazione,
numerosissimi, validissimi e scientificamente indiscutibili?
Non si rende
conto che l’importazione dal disastroso modello
capitalistico di queste dinamiche, sia
tra i docenti sia tra gli studenti, è la finalità programmatica di un’anti-scuola che vuole formare un uomo
competitivo, pedina perfetta di questo iniquo sistema capitalistico, e
rendere ognuno di noi un acritico e stupidissimo utilizzatore finale?
Pranzo sociale alla Baita Stratos di Bologna, dopo la presentazione del libro, realizzata qualche giorno fa. |
Cari
sindacati, non credete che sia giunto il momento,
ed è questo, che ricominciate a fare i
sindacati? Credo che state seriamente rischiando che i docenti vi
delegittimino definitivamente, revocando
ogni iscrizione e negandovi ogni rappresentatività. Oggi, grazie a Dio, non
viviamo più nei monopoli gestiti dalle caste del passato. Il regime delle
caste, con la rete, sta definitivamente crollando, e quando l’ingiustizia diviene sopruso, ognuno di noi diventa partigiano.
Ci siamo resi conto che, anche
senza di voi, abbiamo i mezzi per scatenare una rivoluzione. Allo sciopero sicuramente parteciperemo,
compatti, in forze, perché per riformare la scuola serve tanto, ma di sicuro
non la “Buona Scuola”, che, a nostro avviso, di “buono” non ha proprio niente,
se non quel cavallo di troia delle
assunzioni, che con la riforma non c’entrano niente.
E forse questa nuova sensibilità che
sta nascendo nella scuola italiana, questa rediviva coscienza, paradossalmente
risorta grazie alla caparbietà e all’arroganza di questo governo, farà
finalmente svegliare le donne e gli uomini di scuola da questo sonno che dura
da fin troppo.
Perché la scuola, la nostra scuola,
finora relegata nella periferia del mondo, svilita, marginalizzata, depauperata
con tutti i tagli e le economie di bilancio operate dal ministro di turno, bocciata, sballottata a destra e a manca
da ogni governo, incominci un cammino, duro e difficile, per riconquistare
quella centralità strategica che le spetta, perché divenga finalmente una scuola non più oggetto di storia. Perché
la nostra scuola divenga, finalmente, soggetto di storia.
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