giovedì 30 aprile 2015

La sceneggiata dei sindacati e la scuola bocciata di Renzi.

Alle librerie Feltrinelli di Rimini: un momento dell'incontro con l'autore de "La Scuola Bocciata".




La sceneggiata dei sindacati e la scuola bocciata di Renzi.

di Tommaso Travaglino

La scuola è un argomento che scotta, e può diventare la Waterloo di ogni governo che si accinga a riformarla. Se poi tutto ciò si accompagna alla caparbietà di un governo che si ostina a non ascoltare chi la scuola la vive quotidianamente, e che in questi ultimi giorni sta protestando come raramente è avvenuto nella scuola, tutto ciò può diventare una bomba a orologeria.
L'ingresso della Feltrinelli di Rimini, dove pochi giorni fa si è tenuta l'ennesima presentazione del libro: "La Scuola Bocciata".

Flash mob, fiaccolate, proteste e manifestazioni si stanno intensificando in maniera impressionante; la rete scoppia di post, blog, progetti di proteste e vignette in cui il rapporto tra Renzi e la scuola fa da protagonista. I passaparola su whatsapp, facebook e twitter non si contano. Questo governo è stato capace di compiere un vero miracolo: ha pestato la coda a un leone che dormiva da anni di un sonno profondo.
I sindacati, dal canto loro, per non perdere consensi di fronte a un fermento inarrestabile, partito naturalmente dalla base, sono stati costretti a cavalcare la protesta.
La storia si ripete. Sono passati solo quindici anni dal “concorsone”, e il copione sembra lo stesso.
Il moderatore Orlando Tarallo legge un passo del saggio sulla scuola presso le librerie Feltrinelli di Rimini.

“Era l’anno 2000 e la scuola italiana era in tumulto. Dopo la firma del contratto integrativo dell’agosto 1999 e la pubblicazione, da parte del Ministero, delle norme che regolavano l’applicazione dell’art. 29, tutti gli insegnanti insorsero contro il tentativo di introdurre un concorso interno alla scuola italiana, che avviasse un sistema meritocratico tra i docenti. Le assemblee sindacali, così, divennero delle feroci battaglie, dove ogni insegnante esprimeva la rabbia di un disagio che covava dentro da anni, e si scagliava con tutta la sua violenza verbale contro il primo sindacalista che gli capitava a tiro. I sindacati, dal canto loro, con un miserabile doppio gioco, al tavolo delle trattative facevano una cosa e nelle assemblee ne raccontavano un'altra, e poi cercavano di cavalcare la protesta per fare iscrizioni. Così ognuno di essi raccontava la sua verità, ma ciò che si ripeteva come il ritornello di una canzone, era che le iscrizioni al sindacato risultavano indispensabili “per la rappresentatività”, perché il sindacato, quel sindacato, assumesse un peso maggiore sul tavolo contrattuale e potesse cambiare le cose. Credo che oltre a questo, però, l’ansia dei segretari provinciali e regionali di fare nuove iscrizioni fosse dovuta soprattutto alla cospicua quota economica che l’insegnante, una volta iscritto, avrebbe versato mensilmente, detratta direttamente dalla busta paga” [La Scuola Bocciata, pagg. 57-58]


Ancora una volta sembra che i sindacati solo in questi ultimi giorni si siano accorti del dramma che si sta consumando nella scuola, della rabbia di un disagio che ogni insegnante italiano cova dentro da anni, del personale scolastico che va a scuola vestito a lutto, delle candele che illuminano, silenziose, le piazze italiane e di un malessere antico, che finalmente si sta rivelando in tutta la sua gravità.
Scioperi, astensioni dalle attività aggiuntive, manifestazioni, tendopoli, giornate di lutto nelle scuole con personale in nero e nastrino turchese, presìdi davanti alle sedi provinciali del PD di tutta Italia e tanto, tanto altro.

E una domanda, che continua a frullare nel mio cervello, allagando il mio cuore di rabbia: ma i sindacati dov’erano? Perché non hanno allertato la categoria da quando questa storia è incominciata? Perché continua a ossessionarmi l’impressione che fino a qualche giorno fa tutti erano sostanzialmente d’accordo con l’impianto di questa mostruosa riforma?
Dov’erano i sindacati quando si è svolta la farsa della pseudo-consultazione?
Dov’erano quando, sin dall’inizio dell’iter del disegno di legge si è voluto, camorristicamente, legare l'assunzione stabile dei docenti precari (anche se il numero programmato è del tutto insufficiente) al disegno di riforma, perché quest’ultimo venisse approvato con una certa urgenza? (Capo 3 art. 8 - piano straordinario di assunzioni).
La furbata dell’uso del “cavallo di Troia” delle assunzioni, provvedimento urgentissimo e sul quale tutti non possono non essere d’accordo, nessuno dei sindacati che tutelano la scuola l’ha scoperto? Nessuno ha protestato?
E perché nessuno ha alzato la voce perché si spacchettasse il provvedimento?
Che c’entrano i precari, immolati vigliaccamente sull’altare di questa riforma a mo’ di vittima sacrificale del “se non approviamo tutta la riforma i precari non entrano, perché legati in un abbraccio di morte con il resto del provvedimento”?


Intanto il 5 maggio prossimo ci sarà, finalmente, il primo sciopero generale per la Scuola dal 2008, il primo da quando il Ministro dell’Istruzione era Mariastella Gelmini.
E già l’Istituto Nazionale di Valutazione, con un atto di legittimità dubbia, ha spostato le “prove Invalsi” previste per la primaria dal 5-6 maggio al 6-7 maggio, per evitare la debacle di un’altra “strana cosa” introdotta nella scuola della penisola, che ha già prodotto un clima di competizione tra classi e docenti e che ha sortito l’effetto che ogni docente di classe, per far bella figura, suggerisce ai “suoi” alunni le risposte, invalidando, di fatto, quest’altra grande farsa pensata dalle teste d’uovo dell’istruzione italiana, che in una scuola non hanno mai vissuto, se non, forse, da studenti.
E nessuno dei sindacati che tutela la scuola si è accorto del “progetto 0-6” e della sua intrinseca perniciosità?


Nessuno si è accorto che la riforma prevede che il nido, insieme alla Scuola dell’Infanzia, non sia più un servizio a domanda individuale, di carattere sociale, ma un servizio generale, di carattere educativo, incardinato sotto la responsabilità unica del Ministero dell’Istruzione, ma gestito dai Comuni? (Cfr. Capo 7, art 21, comma “i” del d.d.l.).
Il ministro dell'Istruzione Stafania Giannini

E a nessuno è venuto in mente che i Comuni ordinariamente appaltano i servizi ai privati? Non si tratta di una chiara sterzata verso la privatizzazione della scuola pubblica, incominciando da quella dell’Infanzia?
A nessuno è venuto in mente che forse il motivo di tutto questo è che in Italia il livello di privatizzazioni non è in linea con le attese della Ue e che il governo è impegnato in una lotta serrata per la riduzione del debito per il quadriennio 2015-2018, e che è previsto, per questo motivo, un «significativo concorso» dei proventi da privatizzazioni?
Bontà della strategia a parte, peraltro imposta dall’Unione, a nessuno è mai sorto il sospetto che Renzi sia un attore marginale di un potere politico di fatto espropriato di ogni potere, e che la sterzata verso una dinamica privatistica che si nasconde tra le righe dei commi di questa Legge Quadro, che genererà inevitabilmente tanti figli della sua stessa sostanza, è la strategia pensata a tavolino da chi vuole delegittimare la scuola pubblica perché c’è un preciso modello di uomo da formare?

La proiezione del booktrailer del libro presso la Feltrinelli di Rimini.

E che significa, cari sindacati, dopo la proclamazione dello sciopero, la battuta del premier: “Scriverò una lettera ai docenti per spiegare la mia riforma”?
Che intendeva dire? Che i docenti italiani non sanno leggere? Che ci sarebbe stato bisogno di una lettera che spiegasse meglio la cosa a una categoria di idioti con difficoltà di comprensione?
Perché, anche in questo caso, nessuno è insorto? Nessuno di quelli che hanno la “rappresentatività” e che prendono, mensilmente, da ogni stipendio di ogni lavoratore della scuola iscritto una quota talmente cospicua che equivale ad un buon piatto di carne per i nostri figli?
Ma che ne fate dei nostri soldi? Cosa pagate? Chi pagate? Persone che sono in distacco presso di voi? Eppure loro non hanno bisogno dei vostri soldi, perché continuano a essere regolarmente pagati dal Ministero del Tesoro, compresi gli incaricati che vanno a coprire i loro posti.


Intanto il d.d.l. “La Buona scuola” ha terminato l’esame della settima commissione della Camera – quella per Cultura, Scienza ed Istruzione – ed è ora, in via di approvazione alla Camera dei Deputati.
E per lo sciopero passeranno ancora ore preziose. Ma è meglio tardi che mai.
E poi? Dopo lo sciopero? La vostra coscienza e la coscienza dei docenti italiani che si vedranno decurtati dallo stipendio 80, 90, 100, 110 euro (dipende dallo stipendio) resterà appagata?
Nessuno si incatenerà davanti al Ministero? Nessuno incomincerà uno sciopero della fame a oltranza? Nessuno, indipendentemente dai risultati, continuerà la lotta per una scuola che rivesta, finalmente, centralità sociale, politica?
Nessuno si è reso conto della posta in gioco? Nessuno si è reso conto che stiamo giocando con il futuro dei nostri figli, con il futuro del nostro paese?
Passata la bufera, anche voi, cari sindacati, ritornerete alla gestione ordinaria delle vostre gigantesche macchine mangiasoldi?
Alessandro Paolella alla chitarra e Davide Maiello al violino, durante una loro esibizione presso la Feltrinelli di Rimini qualche giorno fa.

Ma diciamocelo sinceramente: vi siete accorti, cari sindacati, del serio pericolo di ciò che sta per essere trasformato in legge? Non voglio assolutamente pensare che, pur essendovene accorti, utilizzate e continuiate a utilizzare il vostro peso contrattuale e sociale in altri modi e per altre finalità!
Vi siete accorti che la riforma, nell’attribuire al dirigente scolastico [Capo 3 art. 7 - competenze del dirigente scolastico] “le scelte didattiche e formative e la valorizzazione delle risorse umane e del merito dei docenti, viola, di fatto, il principio della libertà di insegnamento?
Una libertà già svilita da una marginalità di una scuola sempre più umiliata, popolata da docenti che vivono, praticamente, in uno stato di bisogno, e che in tal modo non godono della serenità necessaria per favorire la formazione, per i nostri alunni, di una sana coscienza critica, indispensabile alla vita e, oggi più che mai, “conditio sine qua non” della lotta per i diritti civili e politici?
Il violinista Davide Maiello e il chitarrista Alessandro Paolella durante la "Jam session" presso la Baita Stratos a Bologna, durante la presentazione de "La Scuola Bocciata" qualche giorno fa.

La scuola è risorsa strategica della società, punto. Non la Fiat, né la sanità, perché tutti i casi di malasanità sono frutto di una scuola che non ha formato l’uomo. Questo vale anche per la politica, con tutti i suoi numerosissimi, quotidiani casi di scandali, di corruzione, di concussione e chi più ne ha, più ne metta.
Il concetto lo ha ultimamente espresso Ferdinando Imposimato, affermando che in questo stato di cose i “nuovi poveri”, i docenti italiani sottopagati, sono maestri di una libertà senza eguaglianza, e una libertà senza eguaglianza non esiste, è una falsa libertà. Il docente che non ha un lavoro stabile e una retribuzione dignitosa non è, quindi, libero, perché si tratta di uomini e donne liberi solo in apparenza; e chi non è davvero libero, non può insegnare la libertà.
Eppure Francesco Scrima, segretario nazionale della Cisl Scuola, afferma che “destinare al merito risorse aggiuntive è una soluzione che va nella direzione giusta … Ciò che non va assolutamente bene è l’assenza di ogni procedura di contrattazione, che sono d’obbligo quando si tratta di gestire l’attribuzione di salario accessorio: non è infatti possibile e tanto meno accettabile l’affidamento alla mera discrezionalità del dirigente di procedure premiali”.


Il merito tra i docenti è una soluzione che va nella direzione giusta? Ho capito bene, segretario Scrima? Va nella direzione giusta che “Il dirigente scolastico, sentito il consiglio d’istituto, assegni annualmente la somma al personale docente che, in base all’attività didattica, ai risultati ottenuti in termini di qualità dell’insegnamento, al rendimento scolastico degli alunni e degli studenti, alla progettualità nella metodologia didattica utilizzata, alla capacità innovativa e al contributo dato al miglioramento complessivo della scuola, è ritenuto meritevole del bonus”? [Capo 3, art. 11, comma 2].
Ma chi, il dirigente scolastico? Mi dispiace solo che in un articolo non possa disegnare quella faccina che piange a crepapelle con le lacrimucce ai lati degli occhietti, ma vi assicuro che sto ridendo a crepapelle.
Ma il dirigente non sarebbe dovuto essere un manager, all’insegna dell’efficienza e dell’efficacia dell’azienda che gestisce? Quali strumenti e quali competenze psico-pedagogiche, ormai, possiede? 

Ah! Forse dimenticavo, segretario Scrima. Forse lei crede nella velocità dell’evoluzione tecnologica a tal punto che spera che venga al più presto commercializzato il “meritometro”, che applicato alla bocca a ogni docente misurerà la quantità degli enzimi meritocratici, come per i Midi-Chlorian presenti nel sangue degli Jedi di Star Wars, così da poter giustificare il bonus annuale? Lo ripeto, mi faccia capire: il dirigente assegna un bonus ai docenti più bravi? Allora forse potremmo utilizzare come parametro quello degli alunni che prenderanno i voti più alti? Quindi per prendere il bonus, i miei alunni dovranno avere tutti dieci? Ma le assicuro che in tal senso non ci sarebbe nessun problema, perché ogni docente che aspira al bonus diventerebbe il docente di una classe di superdotati!

Ma non è che, forse, il segretario nazionale del sindacato più grande della scuola avrà confuso comparto, immaginando la scuola come una catena di montaggio, o come un’azienda che produce batterie per auto, con tutto il rispetto per le catene di montaggio e le fabbriche di batterie per auto, dove si possa contare il numero di pezzi prodotti da ogni “operaio – docente” così da premiare il più produttivo?
Mi spieghi: in che modo il dirigente valuterà la qualità dell’insegnamento? Con quali strumenti? E chi ha mai eletto il dirigente a giudice della qualità del mio insegnamento? Non le sembra che tutto questo sia quantomeno anti-costituzionale, oltre che assurdo?

Ma perché invece di pensare al merito, segretario Scrima, a quei quattro pidocchi offerti come surplus annuale, non incominciate seriamente a battervi per gli stipendi da fame della categoria? Perché, prima di pensare al caffè, non vi occupate del pane e del companatico, poiché la questione vera non è quella di chi deve bere il caffè e come scegliere chi deve berlo, ma quella di dare il pane necessario per vivere dignitosamente a tutti, retribuendo gli insegnanti con uno stipendio degno di un comparto che nella pubblica amministrazione è strategico?

E non si è reso conto, segretario Scrima, del rischio che comporta l’implementazione nella scuola delle dinamiche meritocratiche, e quindi competitive, laddove gli elementi teorici che dimostrano la superiorità dei modelli cooperativi sono, specialmente nel campo della formazione, numerosissimi, validissimi e scientificamente indiscutibili?
Non si rende conto che l’importazione dal disastroso modello capitalistico di queste dinamiche, sia tra i docenti sia tra gli studenti, è la finalità programmatica di un’anti-scuola che vuole formare un uomo competitivo, pedina perfetta di questo iniquo sistema capitalistico, e rendere ognuno di noi un acritico e stupidissimo utilizzatore finale?

Pranzo sociale alla Baita Stratos di Bologna, dopo la presentazione del libro, realizzata qualche giorno fa.

Cari sindacati, non credete che sia giunto il momento, ed è questo, che ricominciate a fare i sindacati? Credo che state seriamente rischiando che i docenti vi delegittimino definitivamente, revocando ogni iscrizione e negandovi ogni rappresentatività. Oggi, grazie a Dio, non viviamo più nei monopoli gestiti dalle caste del passato. Il regime delle caste, con la rete, sta definitivamente crollando, e quando l’ingiustizia diviene sopruso, ognuno di noi diventa partigiano.
Ci siamo resi conto che, anche senza di voi, abbiamo i mezzi per scatenare una rivoluzione. Allo sciopero sicuramente parteciperemo, compatti, in forze, perché per riformare la scuola serve tanto, ma di sicuro non la “Buona Scuola”, che, a nostro avviso, di “buono” non ha proprio niente, se non quel cavallo di troia delle assunzioni, che con la riforma non c’entrano niente.


E forse questa nuova sensibilità che sta nascendo nella scuola italiana, questa rediviva coscienza, paradossalmente risorta grazie alla caparbietà e all’arroganza di questo governo, farà finalmente svegliare le donne e gli uomini di scuola da questo sonno che dura da fin troppo.
Perché la scuola, la nostra scuola, finora relegata nella periferia del mondo, svilita, marginalizzata, depauperata con tutti i tagli e le economie di bilancio operate dal ministro di turno, bocciata, sballottata a destra e a manca da ogni governo, incominci un cammino, duro e difficile, per riconquistare quella centralità strategica che le spetta, perché divenga finalmente una scuola non più oggetto di storia. Perché la nostra scuola divenga, finalmente, soggetto di storia.


 

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